Condividiamo con interesse i dati raccolti da una recente indagine condotta da “Painful Truth” che rivela quanto siano limitanti gli effetti del dolore cronico nella quotidianità dei soggetti che ne soffrono.
Gesti semplici della quotidianità di ogni individuo come slacciarsi le scarpe o chinarsi per sedersi diventano ostacoli insormontabili per chi soffre di dolore cronico. Peggio ancora, esso altera il sonno, generando nel tempo delle conseguenze anche a livello psicologico.
Cosa è il Dolore Cronico?
Quando un dolore persiste per 6 mesi e oltre si parla di Dolore Cronico. In Europa sono oltre 95 milioni le persone che ne soffrono e la loro vita è notevolmente limitata e condizionata. Per comprendere la portata della diffusione di questa patologia, nella stessa area geografica, basti pensare che di una malattia forse più nota come il diabete ne soffrono “soltanto” (se così si può dire) 60 milioni di persone.
Un sondaggio condotto da “Painful Truth” ha cercato di rappresentare lo stato delle cose, non solo dal punto di vista dell’incidenza sui soggetti che ne soffrono, ma anche sui loro familiari e sulla presenza di strutture sanitarie specializzate nella diagnosi e nel trattamento del dolore cronico. L’indagine ha rivelato come le persone affette da questa patologia trascorrano in media 7 anni prima di trovare un trattamento efficace per il loro problema. In questo tempo, però, si passa per interventi chirurgici, fisioterapie, e varie opzioni farmacologiche e non.
In molti paesi d’Europa, il dolore cronico colpisce una persona su cinque. Dagli intervistati, emerge che chi ne soffre, prova dolore per oltre 12 ore al giorno, nonostante le terapie. Inoltre, la campagna condotta dall’equipe di ricercatori, ha rivelato che circa un terzo dei pazienti non ha ricevuto sufficienti informazioni su nuove possibilità di cura per la gestione del dolore.
Che tipi di dolore cronico esistono?

Il fatto che la percezione del dolore è soggettiva rende la sua definizione e misurazione notevolmente complicata. Tuttavia, si distinguono due categorie di dolore cronico:
- Nocicettivo, che si determina a seguito di danni ai tessuti, ad esempio nel caso di una frattura o di un taglio;
- Dolore neuropatico, la cui causa è da attribuire ad un problema al sistema nervoso e spesso viene descritto come scariche elettriche, formicolii o intorpidimenti.
Le conseguenze del dolore cronico nella propria vita, nelle relazioni sociali e fra alcuni addetti ai lavori.
Riportiamo la testimonianza di una paziente in trattamento presso il Centro Luvini di Lugano (partner Dya Swiss www.centroluvini.ch), che testimonia le sue enormi difficoltà nello svolgere attività quotidiane e come tale situazione determini disagi a livello psicologico.
“Ricordo l’insorgere del dolore cronico, la devastazione che ha avuto sulla mia vita… Ho passato settimane a letto schiantata dal dolore, che mi impediva di fare qualunque cosa. Ero impossibilitata a sedermi, camminavo con difficoltà, non riuscivo a prendere sonno, avevo i nervi a fior di pelle, e a volte avrei voluto defenestrarmi. Ad oggi, ho imparato a dosare le forze, a rallentare, a fare le cose a tappe. Non riesco a fare grandi spostamenti, perché altrimenti il dolore aumenta. Addio lunghi trekking in montagna, ma ho trovato alternative per godermi comunque la Natura e la montagna. Quest’anno, dopo quasi tre anni sono andata a raccogliere castagne” (Elena Pellanda, pres. Ass. Filo di Speranza).
Inoltre, a peggiorare il quadro già non semplice, vi è un ulteriore effetto, forse meno manifesto ma altrettanto disagiante che è l’impatto che il dolore cronico e le sue limitazioni ha sui rapporti interpersonali. L’equipe di esperti che ha condotto lo studio ha rilevato che i familiari delle persone affette da questa patologia, hanno notevoli disagi, soprattutto in presenza di figli. Fa riflettere il dato che il 12% degli intervistati ha dichiarato di aver visto compromettere la relazione col partner, fino ad arrivare in alcuni casi anche alla separazione. Ancora più preoccupante è constatare il 15% non parla del proprio dolore cronico con parenti o amici.
Continua Elena: “Ho avuto però la fortuna di essere attorniata da persone comprensive, che mi hanno sostenuta e aiutata. Così non è stato però nel caso dei medici da cui sono stata vista inizialmente, che a tutt’oggi ancora non credono a chi ha questo tipo di dolore, e rimandano il paziente a uno psicologo/psichiatra. Dicono che ti inventi tutto. Ma io non mi sono mi sono inventata nulla”.

fonte bibliografica originale per questo articolo: “THE PAINFUL TRUTH La gestione del dolore cronico in Europa” – Boston Scientific (bostonscientific.com)
L’impegno del Dya Swiss Institute e del suo network.
Dya Swiss ha lavorato in questi anni per formare un network di ambulatori specializzati in varie aree di intervento, tra cui anche quello del dolore cronico. Più di recente, grazie alla collaborazione con l’associazione Filo di Speranza, è stato possibile iniziare un’attività divulgativa, per promuovere la conoscenza dell’argomento e per far conoscere al pubblico e ad altri operatori sanitari le problematiche derivanti dal dolore cronico che, come abbiamo descritto, non è soltanto di natura clinica sul paziente, ma anche di natura sociale per le conseguenze che porta.
Prevenzione e approccio multidisciplinare.
Un quadro come quello descritto fa riflettere sulla gravità del problema e sull’urgenza di dover definire percorsi legati alla prevenzione e ad affidarsi a mani esperte. Individuare in tempo l’equipe di professionisti giusta, coordinata da un case-manager di comprovata esperienza, può accompagnare il soggetto affetto da dolore cronico (o che ne sospetta l’insorgenza) in un percorso multi-disciplinare, dove ogni specialista contribuisce per la sua area di competenze al miglioramento non solo della salute dei pazienti, ma anche della loro qualità di vita.